Questo diffuso vuoto esistenziale che attraversa ogni settore della vita umana, da quello sociale a quello economico, passando dalla scuola e dalla famiglia, arrivando a quello artistico ed intellettuale, ha permesso il consolidamento di ideologie contrarie alla ragione e all’etica, che in maniera violenta hanno sovvertito l’ordine voluto dall’alto, instaurando di fatto un disordine mascherato da libertà. La politica delle “spallucce”, perpetrata da ogni singolo individuo, dalla casalinga al manager d’azienda, passando attraverso gli organi istituzionali ed elitari, ha fatto si che personaggi viscidi, inseriti nei luoghi strategici, potessero propagare ed imporre all’opinione pubblica idee scardinanti il bello e il vero, a favore di un clima di odio, di brutto e di incerto. Il problema non risiede esclusivamente sul potere economico, che permette a taluni operare super partes, anche se esso esercita un ruolo importante e spesso determinante, ma sulla mancanza di una prospettiva più alta da parte dell’essere umano, il quale subisce quasi passivamente i venti di questa azione che definirei demoniaca. Abbiamo accettato l’idea che l’unico scopo dell’uomo sia quello di godere dei beni effimeri, dando soddisfacimento ai bisogni più bassi della carnalità, a scapito del proprio essere spirituale e dalla propria unicità. L’omologazione, la liquidità, la banalità, l’idiozia, la superficialità e la momentaneità sono diventati i nuovi comandamenti: distruggi anziché costruire, spezza anziché rafforzare, separa anziché unire, abbassa anziché innalzare, perdi anziché salvare. Questo è il mantra che l’uomo moderno va ripetendo instancabilmente, senza comprendere il fatto che esso è la base delle catene che lo tengono schiavo e incatenato ad un regime ideologico ben peggiore delle dittature del passato, dal quale è necessario liberarsi il prima possibile, pena un epilogo drammatico senza rimedio.

Nel parlare quotidiano non esiste più il “per semper” ma solo il “carpe diem”, concetto sul quale si è ricamato abbondantemente per giustificare atteggiamenti illeciti e fugaci, senza prendere in considerazione le serie conseguenze di ogni ogni singolo atto nella sua totalità e complessità. La conseguenza di questo è il rovesciamento dei valori solidi e quindi la famiglia naturale – consacrata nel matrimonio – diventa gabbia, i figli un problema, la malattia un ostacolo, l’amore per gli altri debolezza, l’onestà una follia, la coerenza una chimera, la fede e la morale un’illusione sentimentalista.
Tutto ciò che prima era ovvio e consolidato ora, agli occhi del mondo, risulta essere desueto e anche fastidioso. Meglio non pensare e godere l’attimo, meglio non farsi domande andando magari controcorrente dopo aver valutato con obiettività i fatti, troppo scomodo e compromettente tutto questo per il proprio futuro lavorativo, mica possiamo trovarci a nuotare controcorrente, a faticare per poi essere derisi!
Questa anestesia collettiva, indotta ed in buona parte accettata dalla maggior parte delle persone, ci ha resi banderuole colpite di continuo da il vento ideologico del momento, che prima parla di parità di diritti e libertà di parola ma poi schizzofrenicamente perseguita chi non si allinea al pensiero unico; prima ti toglie il lavoro, la dignità e la libertà di movimento, oltre a quella di scegliere se accettare o meno siero sperimentale nel proprio corpo, e poi festeggia la giornata della memoria e difende in TV la costituzione e la libertà di pensiero, tra l’altro con un fare ipocrita e sprezzante della realtà fattuale che ha dell’incredibile.

Per ripristinare la logica, l’equilibrio, il buon senso, il rispetto, l’amore e lo spirito di condivisione è necessario un cambio paradigmico cercando innanzitutto la verità, quella immutabile, quella che scardina i cuori e che non appassisce mai, quella che muove le montagne e ti spinge fino a dare la vita, quella capace di radunare le genti e cambiare la società, quella che fa rinascere ciò che prima era morto. La chiave la troviamo in Giovanni 18,38 quando Ponzio Pilato chiese all’uomo che aveva difronte: “Quid est veritas?”. Quell’uomo tacque perché egli stesso era la risposta a quella domanda, ma il prefetto non la riconobbe…
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